Suona la sveglia in un dormitorio. La sedicenne Ako si alza e si
prepara per il lavoro: operaia in un grande panificio. È l'inizio della
giornata di una ragazza nel Giappone della metà degli anni Sessanta.
“Ako” (White Morning il titolo internazionale) è un cortometraggio diretto dal maestro Hiroshi Teshigahara. In 28 minuti viene mostrata una giornata di una ragazza, con i suoi colleghi e i suoi amici. Storia di base dunque molto semplice che il regista, però, stravolge rendendola tutt'altro che tradizionale.
Come i suoi film più importanti (“La donna di sabbia”, “Pitfall”, “The Face of Another”) questo corto è basato su un racconto di Kobo Abe. E si vedono le tracce dello scrittore. Corto d'avanguardia, esistenzialista in cui Teshigahara frammenta la cronologia e la logica della storia - con frasi anche sconnesse che disorientano chi guarda - verso una sperimentazione che sembra tendente a cogliere il tema dell'adolescenza come un flusso di ricordi, un mosaico di immagini, una serie di momenti. Una confusione che in fondo sembra rispecchiare quella dell'età. Inquietudine, divertimento innocente (molto bella la scena in cui si mettono a ballare in strada dopo aver bucato), pulsioni sessuali, sogni e paura, disorientamento: “Dove andiamo? Va bene ovunque, basta che sia lontano”.
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